Indico un percorso diverso e alternativo nella scelta di un canto liturgico. Il criterio utilizzato dalla maggioranza degli animatori musicali della liturgia è un criterio personale e basato essenzialmente su requisiti musicali, personali, in una sola parola il criterio: “è un bel canto”. È un metodo non adatto al canto liturgico, ma lo possiamo utilizzare quando ascoltiamo un brano di musica classica o una bella canzone.
Il canto liturgico va scelto con altre regole, rispettose della liturgia e dei riti che la Chiesa realizza.
Allora possiamo evidenziare due criteri alternativi ed essenziali: il colore liturgico e l’atteggiamento spirituale.
Il colore liturgico
Lo scopo dell’anno liturgico è far vivere ai cristiani le varie tappe del mistero della salvezza, perciò il repertorio deve adeguarsi al mistero celebrato in quella domenica o in quella festa. Si pone quindi la questione del “colore” liturgico. Infatti il colore nella liturgia non riguarda soltanto i paramenti, ma entrano in gioco un insieme di altri elementi: riti, luci, fiori, musica, canti. Scegliere un repertorio significa entrare in un colore del tempo liturgico che favorisce la crescita della fede e l’approfondimento del mistero della salvezza.
Atteggiamento spirituale
L’altro criterio da considerare è l’atteggiamento spirituale.
Nella sua preghiera liturgica, il cristiano sperimenta vari atteggiamenti spirituali – supplica, lode, meditazione, ringraziamento, acclamazione…; il canto è al servizio di questi gesti; se vengono disattesi, l’azione liturgico-rituale ne viene indebolita e snervata. Constatiamo pertanto che questa questione è raramente presa in considerazione nel nostro celebrare, ma diventa importante ed essenziale se vogliamo che il fedele partecipi attivamente al mistero pasquale di Cristo.
È quindi opportuno chiedersi se i canti ed i brani dell’ordinario della messa ci fanno scoprire la speranza dell’Avvento, la gioia del Natale, il cammino di conversione della Quaresima, il giubilo della Pasqua, l’annuncio del Regno.
Stabilità nei tempi liturgici
Così, di anno in anno, l’assemblea aspetta ed è desiderosa di ritrovare i suoi canti, il suo motivo, la colonna sonora del cammino domenicale. In questo modo il repertorio si stabilizza, non si usura, diventa il segno sonoro di quella festa e di quell’assemblea radunata.
Diversità di atteggiamenti, diversità di melodie
È la questione posta subito dopo il Vaticano II, la forma-funzione del canto sacro. Ogni rito deve avere una sua forma (testo e musica) appropriata e definita in modo che possa svolgere al meglio la funzione a cui è chiamata.
Le conseguenze di questa impostazione sono enormi; bisogna mettere in disparte i canti mille-uso, i canti “ad omnia”, i canti “usa e getta”, per imporsi un metodo di scelta attento, adeguato e rispettoso. Mi risparmio di indicarvi un elenco di canti che in questi 65 anni di riforma liturgica circolano in Italia; vengono eseguiti dappertutto, in ogni celebrazione. Lo stesso canto è adatto per un Matrimonio e per una messa esequiale; conveniente il giorno di Natale e il giorno di Pasqua;
idoneo per una assemblea di ragazzi e per una di adulti; adeguato per un rito di ingresso e per un rito di comunione.
La conversione
Che fare? Incominciare a declinare altri criteri di scelta dei canti liturgici; partire dalla celebrazione, dal rito, dalle persone e poi scegliere il canto adatto e pertinente. Sviluppare un cammino di formazione per i musicisti di chiesa; non accontentarsi della buona volontà e basta. Erigere in ogni Diocesi una scuola di musica per la liturgia; individuare un musicista attento e preparato da mettere a capo della sezione musica sacra dell’Ufficio Liturgico Diocesano; invitare i parroci ad essere attenti a questa dimensione della pastorale liturgica.
E non da ultimo, un percorso del genere, diventerebbe anche per tanti fedeli una esperienza culturale e musicale di qualità.
Dove mai, un'anziana o una mamma con il passeggino, potrà ascoltare una fuga di Bach o un mottetto di Palestrina? In chiesa è possibile!
Don Antonio Parisi (marzo 2021)