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V Domenica di Quaresima: salmo responsoriale

2023-02-04 19:28

don Antonio Parisi

Paniere, Quaresima,

SALMO 129La composizione di questo salmo penitenziale, detto De profundis e usatissimo come il Miserere (Ps 50), con probabilità è avvenuta durante la

 SALMO 129

La composizione di questo salmo penitenziale, detto De profundis e usatissimo come il Miserere (Ps 50), con probabilità è avvenuta durante la devastante campagna di Sennacherib (701 a.C) nella Palestina e l'assedio di Gerusalemme.

L'angoscia, la tribolazione, conducono l'orante a invocare il Signore con insistenza, dal profondo del cuore. Egli invoca la misericordia di Dio, che va oltre il peccato dell'uomo per salvarlo. Senza la misericordia di Dio l'uomo sarebbe perduto davanti alla giustizia di Dio: “Signore, chi ti può resistere? Ma con te è il perdono”.

Il perdono dei peccati manifesta l'amore di Dio e riconciliando l'uomo a sé lo porta ad avere amore per lui, e quindi a temerlo, cioè a non misconoscerne più la sovranità e la giustizia. La speranza dell'orante nel perdono di Dio e quindi sul suo soccorso è grande, ed è fondata sulla sua alleanza: “Spera l'anima mia, attendo la sua parola”.

L'attesa del salmista è ben più forte di quella delle sentinelle notturne sulle mura della città, che aspettano l'aurora per andare al riposo. Il salmista invita tutto Israele, peccatore di molte contaminazione con gli idoli, ad attendere il soccorso del Signore fondandosi sulla verità “perché con il Signore è la misericordia e grande è con lui la redenzione. Egli redimerà Israele da tutte le sue colpe”.

 

Il perdono dei peccati avverrà per l'espiazione di Cristo e non sarà solo per Israele, ma per  tutti gli uomini. La Chiesa - indefettibile - è sempre bisognosa di purificazione, di perdono, perché se come Ente essa è perfetta e santa, come insieme di uomini è  santa e peccatrice.

Il Salmo 129 si apre con una voce che sale dalle profondità del male e della colpa (cf vv. 1-2). L’io dell’orante si rivolge al Signore dicendo: «A te grido, o Signore». Il Salmo poi si sviluppa in tre momenti dedicati al tema del peccato e del perdono. Ci si rivolge innanzitutto a Dio, interpellato direttamente con il «Tu»: «Se consideri le colpe, Signore, Signore, chi potrà sussistere? Ma presso di te è il perdono; perciò avremo il tuo timore» (vv. 3-4). È significativo il fatto che a generare il timore, atteggiamento di rispetto misto ad amore, non sia il castigo ma il perdono. Più che la collera di Dio, deve provocare in noi un santo timore la sua magnanimità generosa e disarmante. Dio, infatti, non è un sovrano inesorabile che condanna il colpevole, ma un padre amoroso, che dobbiamo amare non per paura di una punizione, ma per la sua bontà pronta a perdonare.

 

"Notate ora la voce del peccatore che grida dall'abisso: Dal profondo ho gridato a te, Signore; Signore, ascolta la mia voce. I tuoi orecchi siano attenti alla voce della mia supplica. Da dove grida? Dall'abisso. Chi grida? Il peccatore. Quale speranza lo induce a gridare? Grida perché colui che venne a rimettere i peccati non lasciò senza speranza nemmeno il peccatore che avesse toccato il fondo [del male]. In questa fiducia, dopo le parole precedenti cosa aggiunge? Se scruterai le colpe, Signore, chi, Signore, potrà resistere? Ecco indicato chiaramente l'abisso da dove gridava. Gridava da sotto il cumulo delle sue colpe, sommerso dai loro marosi. Aveva esaminato se stesso e tutti i risvolti della sua vita, e l'aveva trovata ovunque coperta di atrocità e delitti. In nessuna parte dove aveva posato lo sguardo era riuscito a trovare del bene: nemmeno il più piccolo squarcio di quel sereno che è frutto di giustizia gli si era offerto [allo sguardo].

 

Vedendo quindi per ogni dove i suoi innumerevoli e gravissimi peccati, o meglio le montagne dei suoi misfatti, come in preda al terrore esclamava: Se scruterai le colpe, Signore, chi, Signore, potrà resistere? Non ha detto: Io non resisterò, ma: Chi potrà resistere? Ha notato come attorno alla vita di ciascun uomo, o quasi, si leva come un latrare causato dai peccati commessi; ha compreso che ogni coscienza è sotto accusa per i pensieri che l'attraversano e che non c'è [sulla terra] un cuore casto che possa sentirsi sicuro sulla base della propria giustizia. Se pertanto non c'è cuore casto che possa nutrire fiducia basandosi sulla propria giustizia, che ci si fidi tutti della misericordia di Dio e si dica: Se scruterai le colpe, Signore, chi, Signore, potrà resistere?".

(sant'Agostino)

 

 

Nel salmo 129 ci sono tre immagini: l’immagine dell’infelice, che lancia il suo grido implorante, il suo S.O.S.   dal profondo, cioè dall’abisso della sua coscienza umana che è rappresentata come lo sconfinato vuoto dell’Ade; l’immagine della sentinella, impaziente che spunti il giorno; l’immagine dello schiavo, che attende la sua redenzione, cioè il pagamento del riscatto che lo liberi.

Nel salmo 129 il peccato appare come un abisso marino le cui onde inghiottono l’uomo, che solo Dio può salvare; appare come una notte, che solo l’aurora del perdono di Dio può dissipare; appare come una schiavitù, da cui solo l’Onnipotente può liberare pagando il riscatto.

 


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