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IV Domenica di Quaresima: salmo responsoriale

2023-02-04 20:25

don Antonio Parisi

Paniere, Quaresima,

SALMO 22«Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla»: così inizia questa bella preghiera, evocando l’ambiente nomade della pastorizia e l’esperie

SALMO 22

«Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla»: così inizia questa bella preghiera, evocando l’ambiente nomade della pastorizia e l’esperienza di conoscenza reciproca che si stabilisce tra il pastore e le pecore che compongono il suo piccolo gregge. L’immagine richiama un’atmosfera di confidenza, intimità, tenerezza: il pastore conosce le sue pecorelle una per una, le chiama per nome ed esse lo seguono perché lo riconoscono e si fidano di lui (cfr Gv 10,2-4). Egli si prende cura di loro, le custodisce come beni preziosi, pronto a difenderle, a garantirne il benessere, a farle vivere in tranquillità. Nulla può mancare se il pastore è con loro. A questa esperienza fa riferimento il Salmista, chiamando Dio suo pastore, e lasciandosi guidare da Lui verso pascoli sicuri:

«Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l’anima mia,
mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome» (vv. 2-3).

La visione che si apre ai nostri occhi è quella di prati verdi e fonti di acqua limpida, oasi di pace verso cui il pastore accompagna il gregge, simboli dei luoghi di vita verso cui il Signore conduce il Salmista, il quale si sente come le pecore sdraiate sull’erba accanto ad una sorgente, in situazione di riposo, non in tensione o in stato di allarme, ma fiduciose e tranquille, perché il posto è sicuro, l’acqua è fresca, e il pastore veglia su di loro. E non dimentichiamo qui che la scena evocata dal Salmo è ambientata in una terra in larga parte desertica, battuta dal sole cocente, dove il pastore seminomade mediorientale vive con il suo gregge nelle steppe riarse che si estendono intorno ai villaggi. Ma il pastore sa dove trovare erba e acqua fresca, essenziali per la vita, sa portare all’oasi in cui l’anima “si rinfranca” ed è possibile riprendere le forze e nuove energie per rimettersi in cammino.

(BENEDETTO XVI  Udienza generale,  Piazza San Pietro Mercoledì, 5 ottobre 2011)

 

Tra i Salmi più ricorrenti nella Liturgia c’è il Salmo 22-23, attribuito a Davide e dalla composizione spiccatamente lirica. Il sentimento dominante è la fiducia più genuina e riposante, un abbandono in Dio pieno di serenità e pace. Davide, prima di essere scelto come Re, pascolava il gregge, simbolo di ricchezza; chi possedeva il gregge infatti aveva di che mangiare, di che tessere, di che vestirsi e di che offrire a Dio in sacrifici. Davide il Re Pastore è colui che pascola il proprio gregge attraverso pascoli erbosi difendendolo da ogni pericolo.

Il Salmo è cantato da un singolo cantore, come si evince dal fatto che tutti i verbi sono coniugati alla prima persona singolare. La sua spiccata musicalità induce gli studiosi a pensare che fosse cantato durante le Ascensioni per la meditazione sia personale sia corale, come popolo che fa visita al Tempio in ricordo del cammino per passare dall’Egitto alla Terra Promessa (Esodo).

 

«Le centinaia di libri che ho letto non mi hanno procurato tanta luce e tanto conforto  quanto questi versi del Salmo 23». Questa testimonianza del filosofo francese H. Bergson esprime limpidamente il fascino costante esercitato sui lettori da questa lirica studiata, amata e continuamente echeggiante nelle liturgie cristiane. Due sono le unità simboliche che reggono la poesia: la prima è quella pastorale, tanto cara alla tradizione biblica e orientale in genere (vedi Ezechiele 34 e Giovanni 10), la seconda è quella dell'ospitalità (la mensa, l'olio profumato, il calice colmo), segno di intimità. Il pastore non è solo la guida, è anche il compagno di viaggio per il quale le ore del gregge sono le sue ore, stessi i rischi, stessa la sete e la fame, identica la calura implacabile. Il pasto dell'ospitalità evoca, invece, il sacrificio di comunione nel Tempio che comprendeva un banchetto sacro con le carni della vittima immolata. I due simboli parlano, quindi, di comunione e di intimità tra Dio e l'uomo: «sempre mi sei vicino» (v. 4) è, allora, la parola decisiva del salmo e la fiducia l'atteggiamento di fondo.

(G. RAVASI)

 

Dio, o pastore di costellazioni, Spirito che apri il volo agli infiniti stormi di uccelli verso i terminali delle loro migrazioni; Spirito che spiri avanti tutti i pensieri degli uomini buoni e giusti; Spirito che conduci i pellegrini dello spirito negli incantati pascoli della santità, e gli erranti riconduci da sperduti deserti sulle vie della vita, e mai desisti, Divino mendicante, di cercare la pecorella smarrita: se il vederti con gli occhi del corpo è di troppo in questa valle oscura, che almeno sempre oda i tuoi passi mentre mi cammini accanto, o Compagno di traversata; e ciò sia a tua gloria più ancora che il prestarti a guidare le stelle nella notte. Amen 

(D. M.Turoldo)

 


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