Negli anni passati (anni 70-80) la corale veniva definita come “un sacerdozio culturale e artistico”, oppure “scuola d’arte del popolo incolto”.
Ed oggi?
– La corale di chiesa è preparata ad affrontare oggi il cambiamento di prospettiva in cui il cantare insieme è sempre più raro e si sviluppa la musica dei giovani, la musica pop…?
– Cinquanta o cent’anni fa nelle chiese si cantavano gli stessi canti latini e gregoriani, dal Nord al Sud dell’Italia, ed oggi è così?
– Compito della Liturgia è la formazione musicale dei fedeli? Se la corale canta un repertorio storico e tipico del passato all’interno della liturgia, non si corre il pericolo di accostare la Liturgia a un retroterra musicale lontano e storicizzante?
– In Chiesa abbiamo la presenza di un ascoltatore a-musicale o anti-musicale; quali strategie per un loro coinvolgimento?
– L’ascoltatore che desidera ascoltare delle opere di musica sacra in maniera artistica, non preferirà ascoltarle in concerto con dei cantori professionisti, piuttosto che ascoltare un insieme di dilettanti?
– L’ultima domanda decisiva: le corali sono ancora necessarie per una buona celebrazione liturgica?
Il futuro musicista di chiesa sarà un tecnico, un regista piuttosto che un musico o un interprete?
– La risposta la dà l’istruzione del 1967 sulla Musica nella Liturgia, quando afferma che la corale in chiesa è indispensabile e vi svolge un vero ministero ecclesiale. Ma ad una sola condizione, che si metta a servizio del rito e dell’assemblea, che si integri con l’assemblea e che non diventi un gruppo isolato e autonomo.
La conclusione: la preghiera liturgica ha ancora bisogno della corale.
Don Antonio Parisi