Ave Maria ed Angelus

Testo: dalla liturgia
Musica: Antonio Parisi
Fascicolo “Danzando nella gioia”, Edizioni Paoline, 1984.
Importante e avvincente la presentazione che in quell’anno 1984, scriveva mons. Mariano Magrassi, arcivescovo di Bari (non ancora Bari-Bitonto).
“Le Suore salesiane dei Sacri Cuori in occasione del Centenario della loro fondazione, hanno voluto offrire alla Chiesa Italiana una serie di canti liturgici, particolarmente adatti alle nostre assemblee.
Sono solito dire che una celebrazione senza canto è come una giornata senza sole.
È il canto che fa scoccare la scintilla della gioia e mette il cuore in festa. Ci rende capaci così di lodare il Signore per le ‹meraviglie› che Egli rinnova nell’umiltà dei segni liturgici.
Oggi spesso si canta: ma è l’esecuzione stanca e ripetitiva di canti passe partout, non l’atto del pregare cantando.
Il maestro don Antonio Parisi, che si è già imposto per la raccolta «E venne il giorno…», ci offre ora questa nuova serie. Essa, pur nella novità delle melodie, risponde come la precedente, a quelle esigenze di coralità e di facile apprendimento che le rendono adatte alle assemblee concrete. Sono canti che ascoltati una volta, si imparano subito, e si ripetono poi volentieri senza stancarsi.
Rendono attiva l’assemblea e insieme permettono l’inserimento del coro e del solista.
Possano contribuire a rendere vive e «pregate» le nostre celebrazioni e insieme a far conoscere la Congregazione religiosa che, nel suo Centenario, rinnova l’impegno di carità, specie a servizio dei sordomuti”.
In questo fascicolo ad ogni canto mons. Magrassi scrisse un breve commento che qui riporto.
“Dal «Fiat» del Creatore è nato il mondo visibile. Dal «Fiat» di Maria è nato il mondo nuovo che è Cristo. È l’ora culminante della nostra storia: ed è Maria che la fa scoccare. Il popolo cristiano lo ricorda nella poesia dell’alba, nei fulgori del meriggio, nella luce soffusa del tramonto. Ed Ella tutti avvolge con il suo sguardo di bontà”.
La musica
Fin da allora, era presente questa preoccupazione di consentire all’assemblea di partecipare attivamente al canto. In ultima di copertina di quel fascicolo, così scrivevo: “… un modesto tentativo perché la musica liturgica diventi un simbolo più semplice e più povero. Musica spoglia di sé, ma che incarni il silenzio, la preghiera, l’adorazione”.